Un nuovo studio sul coma

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 25 gennaio 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]

 

Due eventi straordinari, ossia la riattivazione di neuroni di cervelli morti e l’uscita dal coma di una donna dopo 27 anni, di cui ci siamo occupati nel settembre del 2019[1], hanno avuto un peso determinante nella decisione di costituire un gruppo di studio per analizzare e valutare le più recenti acquisizioni in questo campo. Qui di seguito si riporta una sintesi del discorso introduttivo che il nostro presidente, Giuseppe Perrella, ha tenuto in occasione dell’incontro che ha dato l’avvio al lavoro che si svilupperà nel corso del 2020.

 

 

Coscienza e Coma

Gruppo di analisi teorica dei dati emersi da una rassegna bibliografica di aggiornamento

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1. Cenni su presupposti teorici e nozioni recenti sull’argomento del nostro studio. Le origini dello studio scientifico della coscienza coincidono, in una chiave epistemologica, con l’impiego di metodi riconducibili a tre paradigmi principali: anestesiologico, neurologico e psicologico-psichiatrico. Nelle epoche precedenti, la filosofia, prima, e la filosofia della mente, poi, avevano egemonizzato il campo dando luogo a numerose costruzioni teoriche, campi specializzati del sapere e visioni culturali.

 

Per gran parte del Novecento, la separazione tra la concezione psicologica della coscienza, dominata dalle teorie psicoanalitiche e fenomenologiche, e la nozione medica, operativamente vincolata alle esigenze diagnostiche, è stata sempre molto netta. La prima teoria neuroscientifica della coscienza, che ha ricondotto la fenomenica psicologica a precise basi neurobiologiche, è stata elaborata da Gerald Maurice Edelman, a compimento del suo ambizioso progetto di riportare la mente umana in seno alle scienze biologiche.

L’impresa teorica ha preso le mosse dalla comprensione dei principi alla base dell’evoluzione morfologica della materia biologica, compiutamente esposti in Topobiology, e si è sviluppata attraverso l’applicazione di tali principi alla ricostruzione dei processi che hanno portato all’organizzazione morfo-funzionale del cervello, secondo quanto si legge in Neural Darwinism. Sulla base dei tre vincoli della teoria della selezione dei gruppi neuronici (TSGN) – ossia i due tipi di selezione, in corso di sviluppo e per effetto dell’esperienza, e il rientro dell’informazione fra aree attive in parallelo – Edelman ha delineato le basi evolutive e neurofunzionali della coscienza animale, che funzionerebbe allo stesso modo della coscienza primaria umana, sostanzialmente come un “presente ricordato” (The Remembered Present).

 

Nonostante la potenza esplicativa e la coerenza con principi che legano i processi alla base della coscienza all’evoluzione filogenetica del sistema nervoso, la teoria di Edelman non sembra esserci d’aiuto quando ci poniamo interrogativi sugli stati cerebrali che riconduciamo ai vari gradi di coma e, anche se l’argomento è di tradizionale interesse neurologico, la concezione della coscienza che realmente poniamo in questione è quella anestesiologica. In altri termini, non sono in questione le alterazioni di aspetti delle funzioni psichiche coscienti per danni cerebrali, ma la condizione fisiologica complessiva che caratterizza lo stato naturale di veglia, vigilanza, consapevolezza e reattività agli stimoli ambientali.

I farmaci anestetici generali aboliscono tutte le percezioni periferiche, agendo sul midollo spinale, e contemporaneamente inducono la perdita della coscienza, agendo sulla corteccia cerebrale; nella loro azione risparmiano il segmento bulbare del tronco encefalico che garantisce gli automatismi cardiorespiratori necessari alla sopravvivenza. È evidente l’analogia con il coma, e si comprende intuitivamente perché i primi studi sulla sospensione della vita di relazione abbiano provato ad indagare i rapporti fisiopatologici con l’anestesia.

 

D’altra parte, si è basata sull’impiego di anestetici generali anche l’attualità degli esperimenti di Tononi e Massimini, che abbiamo considerato nelle recensioni e discussioni della preziosa ricerca di una misura oggettiva della capacità di esperienza.

Infatti, i protocolli stilati per ottenere misure TMS/EEG sono stati messi alla prova con tre mezzi di abolizione della coscienza, midazolam, propofol e xenon, che esercitano l’effetto anestetico con tre meccanismi d’azione differenti, ma sono comunemente impiegati in anestesiologia. Tutti e tre i mezzi anestetici, indipendentemente dalla somministrazione quale gas mediante una maschera o per iniezione endovenosa, hanno prodotto lo stesso risultato: un’onda lenta corrispondente al passaggio dalla veglia all’incoscienza.

Tale onda lenta presentava due andamenti: rimaneva confinata localmente, indicando una perdita di integrazione, o si diffondeva a macchia d’olio, indicando una perdita di informazione.

La ketamina, un farmaco derivato dall’allucinogeno fenciclidina impiegato nell’anestesia degli animali di grande taglia, è una molecola con particolari proprietà analgesiche e induce una perdita di coscienza dissociativa. Negli esperimenti di Tononi, Massimini e colleghi, con la ketamina non si è avuta la comparsa dell’onda lenta tipica delle altre tre classi di anestetici, e sullo schermo del computer che registrava il rilievo EEG si è vista riapparire la morfologia delle onde tipica dello stato di veglia, nonostante una completa perdita di reattività e un fondo elettroencefalografico simile a quello dell’attivazione durante il sonno.

La nuova misura definita da Tononi e Massimini, ossia il PCI (perturbational complexity index), ottenuto estraendo gli effetti causali della TMS (zapping the cortex) e comprimendo la matrice spazio-temporale (zipping its responses), è sostanzialmente diversa da tutti i precedenti mezzi di registrazione dell’attività cosciente perché rileva la quantità di informazione irriducibile generata da interazioni causali all’interno del sistema talamo-corticale, così fornendo uno scalare misurabile empiricamente che si approssima alla misura teorica di Φ, ossia dell’informazione integrata.

 

Studi successivi hanno elaborato altri metodi per stimare la complessità delle risposte cerebrali alle stimolazioni transcraniche e intracraniche, e un lavoro di Comolatti dell’Università di San Paolo (Brasile), al quale hanno partecipato anche Tononi, Massimini e altri ricercatori (1), ha definito un nuovo indice: il PCIST. La nuova misura, che sembra conservare la precisione del PCI, è più semplice da eseguire e i tempi di calcolo sono inferiori a un secondo. Gli autori dello studio sono certi che il PCIST costituisca un reale progresso rispetto al PCI.

 

Lo sviluppo di questi indici si basa sul presupposto che la coscienza dipenda dal sistema talamocorticale e che sistemi encefalici quali quelli cerebellari, nonostante una densità neuronica notevolmente superiore, siano del tutto ininfluenti. Le ragioni di questa nozione, condivisa dalla comunità neuroscientifica, sono state compiutamente esposte di recente (v. Note e Notizie 01-06-19 Novità, sorprese e riflessioni sul cervelletto).

Seguendo questa concezione, la Locked-in Syndrome dovrebbe essere esclusa dagli stati clinici correlati al coma, ma personalmente credo che una migliore conoscenza della sua fisiopatologia potrebbe aiutarci a comprendere processi che, secondo la mia visione della neurofisiologia dell’encefalo, possono contribuire a garantire l’attività di fondo necessaria per la funzione psichica di base attuale. In questa sindrome, detta anche stato di deafferentazione, i pazienti sembrano prigionieri del proprio corpo ma, nella maggior parte dei casi, conservano la coscienza, pur rimanendo incapaci di rispondere in modo fisiologico e adeguato. La causa più frequente è una lesione del ponte ventrale da occlusione ischemizzante dell’arteria basilare. Il danno infartuale risparmia sia le vie somatosensoriali sia le connessioni ascendenti responsabili della veglia e dell’allerta; non sono distrutti nemmeno i neuroni mesencefalici che consentono il sollevamento delle palpebre nel risveglio, ma sono interrotte le vie motorie corticobulbari e corticospinali, privando il paziente dell’abilità di articolare il linguaggio e della capacità di fornire risposte motorie di ogni genere, eccetto i movimenti verticali degli occhi e l’ammiccamento. La Locked-in Syndrome può essere causata anche da forme gravi della sindrome di Guillain-Barré, da mielinosi pontina e paralisi periodica.

 

 

2. Stimolazione del paziente in coma e problemi della ricerca. La prudenza dei clinici del passato escludeva la stimolazione finalizzata al superamento della soglia sensoriale di reazione, sia perché non si può considerare il coma come una condizione fisiopatologica in cui la mancanza di reazione sia dovuta a un innalzamento delle soglie sensoriali, sia soprattutto perché si temeva che la stimolazione potesse forzare le ridotte capacità funzionali del SNC, causando la definitiva perdita del precario equilibrio alla base della sopravvivenza.

 

Un grande problema nello studio del coma e delle sindromi correlate è che non esistono modelli sperimentali soddisfacenti.

 

Lo studio di osservazione della realtà clinica, sebbene si sia avvalso negli ultimi anni di metodiche elettrofisiologiche e di neuroimmagine sempre più evolute, presenta molti limiti.

Attualmente si tende a impiegare la categoria nosografica dei “disturbi della coscienza” nella quale si includono le varie forme di perdita della funzione di gestione autonoma della vita di relazione accanto a perdite selettive di alcune facoltà ricondotte alla coscienza, per danni cerebrali circoscritti.

Un tale criterio, ragionevolmente fondato su una concezione clinica, potrebbe nascondere delle insidie. Infatti, assumendo che le alterazioni della coscienza possano avere un profilo semeiologico indipendente dalle cause che le hanno prodotte (alcolismo, traumi, danni cerebrovascolari focali multipli, diabete, droghe, infezioni, epatopatie, nefropatie, ecc.), e possano essere classificate soprattutto in base alla gravità, implicitamente si considera la base cerebrale della coscienza come un processo unitario. La concezione neuroscientifica attualmente più accreditata suggerisce, invece, che l’insieme delle facoltà che chiamiamo “coscienza” sia la risultante di processi di integrazione e sintesi fra elaborazioni specializzate eterogenee[2], per questo è lecito chiedersi se non sia il caso di indagare in dettaglio la patogenesi dei disturbi di coscienza, cercando di individuare i nessi con i processi fisiopatologici.

Da queste osservazioni deriva la domanda:

È corretto ritenere il coma un’entità patologica omogenea e discreta o l’apparenza clinica nasconde una realtà complessa di processi patologici eterogenei?

 

Intanto, la ricerca procede distinguendo gli stati patologici di alterazione della coscienza sulla base delle manifestazioni cliniche e, all’interno di queste classi, indaga i correlati cerebrali elettrofisiologici e morfologici. Una distinzione generalmente accettata si basa sulla presenza di comportamenti intenzionali distinti dai riflessi, che identificano lo stato in cui si ritiene sia conservata una minima funzione cosciente (MCS, minimally conscious state)[3], diversamente da quanto accade in tutti quei pazienti che permangono in uno stato vegetativo, con una fisiologia limitata alle sole attività riflesse (VS/UWS, vegetative state/unresponsive wakefulness syndrome). I nuovi dati EEG e di neuroimaging emergenti dagli studi recenti sono spesso proposti come marker di stato.

Gli elettroceutici (electroceuticals) costituiscono una nuova categoria di agenti terapeutici che agiscono sui circuiti neuronici mediante stimolazioni elettromagnetiche; Bourdillon e colleghi hanno recentemente pubblicato una rassegna dei maggiori studi su questi agenti terapeutici (5).

 

 

3. Appunti bibliografici: stimolazione intracranica e transcranica nel coma [su PubMed solo “brain stimulation in coma” dà luogo a 704 risultati].

 

1. Comolatti R., et al. A fast and general method to empirically estimate the complexity of brain responses to transcranial and intracranial stimulations. Brain Stimul – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.brs.2019.05.013., 2019.

 

2. Ruiz de Miras J., et al. Fractal dimension analysis of states of consciousness and unconsciousness using transcranial magnetic stimulation. Comput Methods Programs Biomed 175: 129-137, Jul 2019; Epub ahead of print doi: 10.1016/j.cmpb.2019.04.017. Apr 18, 2019.

 

3. Legostaeva L., et al. Stimulation of the Angular Gyrus Improves the Level of Consciousness. Brain Sci. 9 (5) pii: E103. Epub ahead of print doi: 10.3390/brainsci9050103. May 6, 2019.

4. Thibaut A., et al. Therapeutic interventions in patients with prolonged disorders of consciousness. Lancet Neurology 18 (6): 600-614, 2019; Epub ahead of print doi: 10.1016/S1474-4422(19)30031-6. Apr 16, 2019.

 

5. Bourdillon P., et al. Electromagnetic Brain Stimulation in Patients With Disorders of Consciousness. Front Neurosci. Epub ahead of print doi: 10.3389/fnins.2019.00223, eCollection 2019. [Rassegna analitica e dettagliata della sperimentazione di “elettroceutici” in cui gli autori propongono l’impiego in tutti i casi di disturbo cronico della NIBS, perché priva di effetti collaterali].

 

6. Lee M., et al. Connectivity differences between consciousness and unconsciousness in non-rapid eye movement sleep: a TMS-EEG study. Sci Rep. 9 (1): 5175. Epub ahead of print doi: 10.1038/s41598-019-41274-2, 2019.

 

7. Rezaei Haddad A., et al. Deep Brain Stimulation for Recovery of Consciousness in Minimally Conscious Patients After Traumatic Brain Injury: A Systematic Review. Neuromodulation. Epub ahead of print doi: 10.1111/ner.12944, Mar 13, 201922 (4): 373-379, June 2019. [La rassegna riguarda solo 8 studi per un totale di 10 pazienti: in 7 un lieve miglioramento del punteggio e in uno solo un miglioramento descrivibile. Nel complesso, l’uso del DBS nei pazienti MCS da TBI non trova supporto].

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la collaborazione e invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-25 gennaio 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 21-09-19 La riattivazione di cervelli morti mette in crisi la morte cerebrale; Note e Notizie 28-09-19 Esce dal coma dopo 27 anni.

[2] Una tale visione è coerente con la tesi che ha portato a studiare il cervello sulla base della teoria matematica della complessità. Si ricorda che si dice complesso un sistema in cui le singole parti obbediscono a regole diverse da quelle che governano l’insieme.

[3] Personalmente ritengo che si tratti di automatismi che contribuiscono alla funzione psichica di base attuale, che in condizioni fisiologiche si svolge sotto il controllo della coscienza del soggetto.